Un bel caso di questo genere e dato dalla vocale latina « o ») breve (i latini pronunciavano le vocali brevi oppure lunghe) tonica (cioè portante l'accento della parola). Passando in italiano essa si trasforma in « uò », mentre rimane « o » nel Veneto. Vediamo alcuni dei numerosi esempi:
C'e qualche apparente eccezione alla regola (come « ovum » coll'o lunga che dà uovo in italiano ed ovo in veneto), rna sarebbe troppo lungo parlarne. A proposito di « bon » vale la pena di notare che oltre al significato morale quest'aggettivo indica anche l'abilità o la capacità.. In quest'ultimo senso (capacita) e usato raramente in italiano, salvo la frase « un buono a nulla », assai comune. Molto frequente pero anche in italiano e come indicatore di abilita « un buon operaio », un « buon medico », un « buon maestro» ecc.). II Veneto invece ignora addirittura l'aggettivo « capace » (se qualcuno lo usa e un « trasporto » dall'italiano). Ii verbo capio e il suo frequentativo captare sono spariti dall'italiano, salvo la rinascita di captare nel linguaggio scientifico: « captare un segnale radio», oggi abbastanza usato. Nel tempo odierno di progresso tecnico e, del resto, un caso comunissimo quello di parole dotte, specialmente greche, che diventano « popolari » come: automobile, cinematografo, telefono, telegrafo, radiogramrna, telegramma, fonogramma, ecc. Inoltre in italiano si usa un derivato di captare: cattura (captura) e qualche altro (come forse chiappare, acchiappare). Ii Veneto invece ha « ciapar' » (probabilmente da capio, prendere) e « catar» citato sopra, che pero ha perduto il senso di « prendere» per assumere quello di « trovare ». Un 'ultima osservazione interessante e che negli esempi dati (trasformazioni italiane o venete di « homo » , « rota », « foras » ecc.) si nota ancora una volta l'esistenza di leggi costanti che regolano questi mutamenti (« 0 » che diventa sempre « uò » oppure rimane sempre « o »), mentre il linguaggio sembrerebbe nascere dal capriccio dei parlanti. La cosa ormai e notissima ai dotti, i quali hanno costruita una vera e propria scienza delle lingue. Però in questo campo d'indagine e specialmente nella « toponomastica » (studio dell'origine dei nomi di luoghi) e facilissimo prendere dei granchi colossali. In questi granchi « toponomastici » si distinguono talora, almeno da noi, certi parroci di paesi e paesetti, i quali si trasmettono l'un l'altro, quando si succedono, le più fantastiche etimologie dei nomi locali dandole come assolutamente sicure, e guai a contraddirli anche. |
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