curiosità stroriche padovane  1°

ANCORA ESEMPI DI LATINlTA'

 
Abbiamo già ripetutamente osservato che il nostro dialetto conserva, talvolta con maggior fedeltà della lingua, parole e suoni latini.

Un bel caso di questo genere e dato dalla vocale latina « o ») breve (i latini pronunciavano le vocali brevi oppure lunghe) tonica (cioè portante l'accento della parola). Passando in italiano essa si trasforma in « uò », mentre rimane « o » nel Veneto. Vediamo alcuni dei numerosi esempi:

Latino

Italiano

Veneto

homo

uomo

omo

bonus

buono

bon

rota

ruota

roda

foras

fuori

fora

cocus

cuoco

cogo

locus

luogo

logo

focus

fuoco

fogo

C'e qualche apparente eccezione alla regola (come « ovum  » coll'o lunga che dà uovo in italiano ed ovo in veneto), rna sarebbe troppo lungo parlarne.

A proposito di « bon » vale la pena di notare che oltre al significato morale quest'aggettivo indica anche l'abilità o la capacità.. In quest'ultimo senso (capacita) e usato raramente in italiano, salvo la frase « un buono a nulla », assai comune. Molto frequente pero anche in italiano e come indicatore di abilita « un buon operaio », un « buon medico », un « buon maestro» ecc.).

II Veneto invece ignora addirittura l'aggettivo « capace » (se qualcuno lo usa e un « trasporto » dall'italiano).
Una bella frase padovana e: « No so' bon de catarIo in nesun logo ». (Non son capace di trovarlo in nessun luogo). Vi si osservi il magnifico verbo « catar », che non è altro che l'intensivo latino « captare» da « capio» (prendere). (L'intensivo e un verbo derivato da un altro, che mediante un suffisso aggiunto alla radice [qui, per esempio cap+1] indica che l'azione e più frequente o più violenta, tant'e vero che si può chiamarlo anche « verbo frequentativo »

 Ii verbo capio e il suo frequentativo captare sono spariti dall'italiano, salvo la rinascita di captare nel linguaggio scientifico: « captare un segnale radio», oggi abbastanza usato. Nel tempo odierno di progresso tecnico e, del resto, un caso comunissimo quello di parole dotte, specialmente greche, che diventano « popolari » come: automobile, cinematografo, telefono, telegrafo, radiogramrna, telegramma, fonogramma, ecc.

Inoltre in italiano si usa un derivato di captare: cattura (captura) e qualche altro (come forse chiappare, acchiappare).

Ii Veneto invece ha « ciapar' » (probabilmente da capio, prendere) e « catar» citato sopra, che pero ha perduto il senso di « prendere» per assumere quello di « trovare ».

Un 'ultima osservazione interessante e che negli esempi dati (trasformazioni italiane o venete di « homo » , « rota », « foras » ecc.) si nota ancora una volta l'esistenza di leggi costanti che regolano questi mutamenti (« 0 » che diventa sempre « uò » oppure rimane sempre « o »), mentre il linguaggio sembrerebbe nascere dal capriccio dei parlanti.

La cosa ormai e notissima ai dotti, i quali hanno costruita una vera e propria scienza delle lingue. Però in questo campo d'indagine e specialmente nella « toponomastica » (studio dell'origine dei nomi di luoghi) e facilissimo prendere dei granchi colossali. In questi granchi « toponomastici » si distinguono talora, almeno da noi, certi parroci di paesi e paesetti, i quali si trasmettono l'un l'altro, quando si succedono, le più fantastiche etimologie dei nomi locali dandole come assolutamente sicure, e guai a contraddirli anche.

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Ignazio Sommer (Merzio)